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Scopo: Illustrare i possibili reperti TC nella perforazione dei tumori del colon-retto e discutere il significato pratico del riconoscimento di questa complicanza. Materiale e metodi: Sono stati esaminati retrospettivamente gli es...
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Scopo: Illustrare i possibili reperti TC nella perforazione dei tumori del colon-retto e discutere il significato pratico del riconoscimento di questa complicanza. Materiale e metodi: Sono stati esaminati retrospettivamente gli esami TC di 16 pazienti con neoplasia colo-rettale perforata. Le sedi più frequenti erano sigma (6 casi), cieco-ascendente (4 casi) e colon discendente (4 casi). La correlazione con il clisma del colon era possibile in 12 casi mentre in 14 era disponibile la conferma chirurgica. Risultati: La neoplasia colorettale era riconoscibile con la TC nel 94% dei casi, presentandosi come ispessimento parietale o massa, generalmente in uno stadio avanzato. L'alterazione flemmonosa era rilevabile solo nel 19% mentre l'alterazione ascessuale era riscontrabile nell'81% e appariva tipicamente come una raccolta ben delimitata, con contenuto liquido, in prossimità del tumore. Il clisma risultava diagnostico per tumore perforato solo in 5 casi. Conclusioni: La TC dimostra con efficacia superiore alle metodiche tradizionali la perforazione dei tumori colorettali, che rappresenta un dato significativo per fini sia chirurgici che prognostici. Nella fase diagnostica essa è indicata qualora il quadro clinico e/o il clisma risultino dubbi. Nella stadiazione il riconoscimento di questa complicanza costituisce un riscontro estremamente significativo.
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In questo studio, 15 pazienti (4 maschi e 11 femmine, età media 50 ± 13 anni) con formazioni espansive a sede surrenalica unilaterale diagnosticate durante l'esecuzione di ecografia, Tomografia Computerizzata (TC) e/o Risonanza ...
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In questo studio, 15 pazienti (4 maschi e 11 femmine, età media 50 ± 13 anni) con formazioni espansive a sede surrenalica unilaterale diagnosticate durante l'esecuzione di ecografia, Tomografia Computerizzata (TC) e/o Risonanza Magnetica (RM) sono stati sottoposti a tomografia ad emissione di positroni (PET) con fluoro-18 desossiglucosio allo scopo di caratterizzare la natura di tali lesioni. L'istologia ha dimostrato la presenza di 3 adenomi, un mielolipoma, un angiolipoma, un neurinoma, una cisti renale, un feocromocitoma maligno, 4 carcinomi e 3 metastasi. La popolazione studiata è stata suddivisa in due gruppi. Il gruppo 1 (n = 7) era costituito da lesioni con natura benigna. Il gruppo 2 (n = 8) era costituito da lesioni con natura maligna. Il diametro massimo delle lesioni è stato calcolato in base alla misura effettuata sulle immagini ecografiche, TC e/o RM. Nel gruppo 1, le lesioni non hanno mostrato significativa concentrazione di fluoro-18 desossiglucosio. Al contrario, le lesioni del gruppo 2 hanno mostrato captazione patologica del radiocomposto, espressione di elevato consumo di glucosio. Non sono state osservate differenze statisticamente significative nelle dimensioni delle lesioni del gruppo 1 rispetto a quelle del gruppo 2 (5,6 ± 4,0 vs 6,3 ± 3,0 cm). Inoltre, in 6 pazienti del gruppo 2, le immagini PET del corpo intero hanno mostrato aree di captazione patologica a livello delle stazioni linfo-ghiandolari del torace (n = 2) e dell'addome (n = 5), dei polmoni (n = 6), del fegato (n = 5), del pancreas (n = 1), del sistema osseo (n = 1) e muscolare (n = 1). In conclusione, i risultati di questo studio suggeriscono che la PET con fluoro-18 desossiglucosio è una tecnica di diagnostica per immagini che consente la caratterizzazione tessutale delle lesioni espansive con sede surrenalica.
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Scopo del lavoro. Sperimentare la fattibilità e i risultati dell'iniezione percutanea di soluzione fisiologica bollente nel trattamento dei tumori epatici. Materiale e metodi. Otto pazienti con epatocarcinoma (11 nodi), 1 con co-...
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Scopo del lavoro. Sperimentare la fattibilità e i risultati dell'iniezione percutanea di soluzione fisiologica bollente nel trattamento dei tumori epatici. Materiale e metodi. Otto pazienti con epatocarcinoma (11 nodi), 1 con co-langiocarcinoma periferico e 1 con metastasi da adenocarcinoma del colon sono stati sottoposti a iniezione percutanea di soluzione fisiologica bollente. La selezione dei pazienti è avvenuta in base a criteri diversi, per cui ogni caso è stato considerato separatamente. La metodica è consistita nell'iniettare soluzione fisiologica bollente all'interno della lesione epatica attraverso gli aghi comunemente usati per l'alcolizzazione percutanea. I risultati sono stati valutati mediante ecotomografia, Tomografia Computerizzata, angiografia, agobiopsia percutanea, resezione chirurgica, espianto, dosaggio dei marcatori neoplastici sierici e follow-up. Risultati. L'iniezione percutanea di soluzione fisiologica bollente è risultata di agevole esecuzione e complessivamente meglio accetta dell'alcolizzazione percutanea; in particolare il dolore è sempre regredito immediatamente al cessare dell'infusione; per questo motivo, e per l'assenza di tossicità del liquido iniettato, è stato possibile trattare lesioni di discrete dimensioni con volumi per seduta maggiori e numero di sedute minore rispetto all'alcolizzazione percutanea. In tutti i casi si è ottenuto un risultato terapeutico, fatta eccezione per il caso di colangiocarcinoma, inviato allintervento chirurgico. Non si sono avute complicanze maggiori, se si eccettua un modesto sangui-namento peritoneale in un paziente con grave coagulopatia. Conclusioni. L'iniezione percutanea di soluzione fisiologica bollente ha dimostrato di essere utilizzabile per il trattamento locale dei tumori epatici; il suo impiego sistematico nella terapia dell'epatocarcinoma deve essere preceduto da ulteriori studi comparativi con l'alcolizzazione percutanea.
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Tutti gli esami di Risonanza Magnetica eseguiti in dieci anni di attività presso l'Istituto Tumori di Milano su pazienti portatori di neoplasie maligne o benigne dell'osso sono stati retrospettivamente valutati in cieco da tre ra...
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Tutti gli esami di Risonanza Magnetica eseguiti in dieci anni di attività presso l'Istituto Tumori di Milano su pazienti portatori di neoplasie maligne o benigne dell'osso sono stati retrospettivamente valutati in cieco da tre radiologi esperti. Si sono complessivamente rivisti 484 esami di 220 pazienti: 160 (33,1%) in stadiazione, 219 (45,2%) durante terapia e 105 (21,7%) durante il follow-up. La nota accuratezza della metodica nella determinazione della lesione loco-regionale delle neoplasie ossee in presentazione unitamente alla documentata sensibilità nel riconoscimento di alterazioni strutturali dell'osso hanno confermato la insostituibile utilità della RM in stadiazione. Relativamente alla valutazione di esami eseguiti in corso di terapia, la persistenza di fatti flogistici correlabili direttamente ai trattamenti subiti dai pazienti, si è dimostrata condizione determinante per la riduzione di accuratezza (88,8%) nella delimitazione di residui neoplastici. La lettura di esami a distanza di tempo dalla terapia infine ha confermato attendibilità elevata (95,2%) sul giudizio di presenza della malattia. L'approccio diagnostico iniziale alle neoplasie dell'osso deve essere affidato alla radiologia tradizionale, che oltre a presentare rapporto costo/beneficio del tutto favorevole, mantiene il primato diagnostico in merito al giudizio di malignità e nel riconoscimento dell'istotipo. Alla RM invece devono competere la precisa determinazione in stadiazione della estensione loco-regionale e la valutazione dei residui di malattia, nonché la determinazione della responsività in corso di terapia e il riconoscimento precoce delle recidive locali nel follow-up.
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La radioterapia è il trattamento di elezione nelle forme inoperabili di carcinoma polmonare non a piccole cellule per lo più soltanto per combattere i gravi sintomi che accompagnano la malattia. A scopo palliativo lo schema più...
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La radioterapia è il trattamento di elezione nelle forme inoperabili di carcinoma polmonare non a piccole cellule per lo più soltanto per combattere i gravi sintomi che accompagnano la malattia. A scopo palliativo lo schema più impiegato prevede la somministrazione di 30 Gy in 10 frazioni in 2 settimane. Abbiamo ritenuto valutare se una singola frazione da 10 Gy fosse egualmente utile nell'ottenere una pallia-zione dei sintomi legati alla localizzazione toracica della neoplasia. Sono stati inseriti nello studio 17 pazienti non suscettibili di radioterapia a «dosi radicali» sia per la presenza di metastasi sistemiche sia per l'estensione locale della malattia. Tutti i pazienti erano sintomatici: 76% (13/17) presentavano tosse, 76% (13/17) dispnea, 70,7% (12/17) dolore e 23,6% (4/17) emottisi. È stata somministrata una dose singola da 10 Gy con fotoni prodotti da un acceleratore lineare (18 MV), con due campi contrapposti senza escludere il midollo. Il volume trattato comprendeva la malattia macroscopicamente identifi-cabile con l'ausilio di un TC-simulatore. Ad un mese dal trattamento la percentuale di palliazione risultava elevata: il 67% (28/42) dei sintomi era scomparso o attenuato. In particolare i migliori risultati si sono osservati per il dolore (83%), per l'emottisi (75%) e la dispnea (69%) mentre meno soddisfacente è la percentuale di risposta riguardante la tosse (46%). Tale risultato non si è però mantenuto nel tempo. A due mesi dal trattamento la percentuale di palliazione era ridotta al 42% e al solo 32% dopo 3 mesi. È stato necessario ritrattare 4 pazienti per la ripresa della sintomatologia algica: 3 pazienti due mesi dopo la fine del trattamento e uno dopo 3 mesi. In questi casi si è somministrata una ulteriore dose singola di 10 Gy evitando di irradiare il midollo.
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Nel periodo compreso tra gennaio 1990 e gennaio 1994, 80 pazienti affetti da neoplasia del massiccio facciale e della regione cervicale, non trattati precedentemente, sono stati sottoposti consecutivamente ad esame TC e RM della t...
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Nel periodo compreso tra gennaio 1990 e gennaio 1994, 80 pazienti affetti da neoplasia del massiccio facciale e della regione cervicale, non trattati precedentemente, sono stati sottoposti consecutivamente ad esame TC e RM della testa e del collo; tutti i casi hanno successivamente eseguito intervento chirurgico con stadiazione istopatologica. I risultati della valutazione TC e della RM sono stati confrontati tra loro e con la stadiazione istologica. Quarantotto su 52 casi T4 alla TC (89%) sono stati confermati dall'esame istopatologico postoperatorio; 7 su 13 T3 all'esame TC (54%) sono risultati alla chirurgia pT3 ed infine 8 su 15 (53%) T2 all'esame tomodensitometrico sono stati valutati pT2 all'esame istologico. La TC ha sovrastadiato 4 casi (T4) definiti all'esame istopatologico 2 pT2 e 2 pT3. Tutti i 54 casi T4 alla RM (100%) sono stati confermati dall'esame istologico. Dei 12 pazienti giudicati T3, 3 (25%) hanno subito una variazione del parametro «T» in seguito alla verifica istologica in quanto risultati pT4; infine, 4 dei 14 casi giudicati T2 (28%) sono risultati sottostadiati in quanto pT4 all'esame istologico definitivo. Un solo paziente, pT4 alla chirurgia ed alla TC, è stato giudicato erroneamente T3 dalla RM in quanto presentava infiltrazione dell'osso ioide non evidente all'esame RM, mentre in 6 casi la RM ha modificato correttamente la stadiazione del parametro «T» della TC. L'accuratezza globale dei due esami è stata del 79% e del 91% rispettivamente per la TC e la RM. I risultati della valutazione TC ed RM del parametro «N» sono i seguenti: sensibilità 70% contro 75%, specificità 80% contro 78% e accuratezza 75% contro il 76%. In solo due pazienti la RM ha determinato il corretto coinvolgimento linfonodale (stadio: N1, confermato dalla chirurgia) rispetto alla TC.
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Il lavoro si propone di esaminare i rilievi della TC, eseguita con tecnica pneumoci-stografica, nel follow-up dei carcinomi vescicali localmente avanzati sottoposti a trattamento associato radio-chemio concomitante. Particolare at...
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Il lavoro si propone di esaminare i rilievi della TC, eseguita con tecnica pneumoci-stografica, nel follow-up dei carcinomi vescicali localmente avanzati sottoposti a trattamento associato radio-chemio concomitante. Particolare attenzione è stata rivolta al dato dell'ispessimento parietale residuo nella sede della neoplasia, frequente reperto che pone in discussione la persistenza della malattia. Sono stati presi in considerazione 16 pazienti affetti da neoplasia vescicale, con età media di 66,5 anni, con stadiazione della neoplasia T2 e T3. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a esame TC con tecnica pneumocistografica per lo studio del dettaglio della parete vescicale prima del trattamento, a secondo esame dopo chemioterapia sistemica di induzione e a terzo esame al completamento della radio-chemioterapia. In tutti i casi presi in esame si è osservata regressione completa della vegetazione endoluminale della neoplasia con quadro cistoscopico che confermava la risoluzione a livello della superficie mucosa. In un'elevata percentuale di casi (9 casi su 16 presi in considerazione) si è registrato ispessimento localizzato della parete vescicale nella sede della lesione trattata, con morfologia regolare. L'esame istologico dei prelievi bioptici effettuati a tutto spessore sulla parete vescicale in questa sede durante cistoscopia, è stato messo a confronto con i dati rilevati con TC con tecnica pneumocistografica, eseguita appena prima della cistoscopia. Si è rilevata elevata incidenza di reazione flogistica del tipo da corpo estraneo, quale causa dell'ispessimento riscontrato con la TC, senza segni infiltrativi da residuo-recidiva di malattia. Nelle neoformazioni della parete vescicale localmente avanzate sottoposte a trattamento conservativo con radio-chemioterapia, si riscontrano a fine trattamento fenomeni regressivi da riassorbimento di materiale necrotico con conseguenti modificazioni da reazione granulomatosa del tipo da corpo estraneo. Queste alterazioni determinano ispessimento della parete vescicale sede della neoplasia, più evidente laddove il volume della neoplasia è maggiore.
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E stata studiata l'efficacia diagnostica della somministrazione per venam di mdc ecografico nei casi di neoplasia oculo-orbitaria in varie fasi evolutive. Il mdc somministrato (Levovist~®, Schering) rientra nel gruppo delle microb...
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E stata studiata l'efficacia diagnostica della somministrazione per venam di mdc ecografico nei casi di neoplasia oculo-orbitaria in varie fasi evolutive. Il mdc somministrato (Levovist~®, Schering) rientra nel gruppo delle microbolle di aria stabilizzate da un acido grasso e ha specifiche indicazioni angiografiche. Nei 24 pazienti selezionati è stato eseguito l'esame con eco color Doppler nelle condizioni basali, suddividendo soggettivamente in 3 classi il grado di vascolariz-zazione. Dopo la somministrazione del mdc è stato valutato l'aumento del segnale Doppler. Nella maggior parte dei casi (70%) si è verificato miglioramento del rapporto segnale/rumore che ha contribuito all'identificazione più agevole del quadro vascolare e a misurazione flussimetrica più accurata. Sul piano analitico si è assistito a omogenea ridistribuzione verso livelli più elevati del segnale e complessivamente al potenziamento dell'effetto Doppler. Peraltro, va precisato che al miglioramento del rapporto segnale/rumore ha certamente contribuito la individuazione di vasi con piccole dimensioni non rilevabili in precedenza. L'incremento del segnale Doppler è stato proporzionale al grado della vascolariz-zazione preesistente e dipendente dalle dimensioni della massa neoplastica. Risultati non soddisfacenti, infatti, sono stati ottenuti in tumori con dimensioni inferiori a 5 mm. All'opposto, nelle neoplasie estese le zone puntiformi con aumentata eco-genicità vascolare hanno talora determinato eccessivo rumore che ha falsato i risultati. Non è stata documentata alcuna correlazione fra incremento dell'ecogeni-cità e istotipo né fra segnale e sede della neoformazione. Nei casi sottoposti a terapia è stata rilevata globalmente minore risposta al mdc. Fondamentali sono la tecnica esecutiva accurata e l'adeguata regolazione dei diversi parametri, in particolare la scala delle velocità, il guadagno e la filtrazione.
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Notevoli progressi sono stati ottenuti negli ultimi 30 anni nella cura dei tumori cerebrali nell'età pediatrica, grazie anche al ruolo di primo piano svolto dalla moderna diagnostica per immagini, che, in un approccio interdiscip...
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Notevoli progressi sono stati ottenuti negli ultimi 30 anni nella cura dei tumori cerebrali nell'età pediatrica, grazie anche al ruolo di primo piano svolto dalla moderna diagnostica per immagini, che, in un approccio interdisciplinare, interviene sia alla diagnosi che nel follow-up di questi pazienti. La RM ed i mezzi di contrasto paramagnetici hanno letteralmente rivoluzionato l'imaging della patologia endocranica, in particolare quello della fossa cranica posteriore. La supremazia della RM sulla TC è universalmente riconosciuta, però raramente vengono «quantificati» i risultati a confronto delle due metodiche (TC e RM), usate singolarmente o in integrazione, nello studio della patologia neoplastica nell'età pediatrica della fossa cranica posteriore. Scopo di questo lavoro è stato quello di quantificare, attraverso una valuta-zione retrospettiva dei reperti neuroradiologici più suggestivi di 52 pazienti con tumori ad istologia nota, l'accuratezza diagnostica delle due metodiche nei confronti di due punti fondamentali, quali la diagnosi di natura ed il bilancio di estensione (locale e/o a distanza) del tumore. Nei 52 pazienti selezionati la diagnosi definitiva era stata di medulloblastoma cerebellare-tumore neuroectodermico primitivo in 20 casi (39%), di astroci-toma cerebellare in 12 casi (23%), di glioma del tronco in 12 pazienti (23%), infine di ependimoma in 8 casi (15%). Per la diagnosi di natura globalmente la diagnosi TC è stata esatta in 25 casi (48%), dubbia in 21 (40%), errata in 6 (12%); con la RM è stata corretta in 43 casi (83%), dubbia in 9 (17%), errata in nessun caso. Estensione di rilevanza clinica della malattia era presente in 34 dei 52 pazienti, e globalmente la RM è stata in grado di individuare tale «carattere» in tutti i casi, mentre la TC solo in 22 (64,7%).
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Scopo di questo lavoro è confrontare le potenzialità della Tomografia Computerizzata (TC) e della Risonanza Magnetica (RM) nella differenziazione delle malattie pleuriche benigne da quelle maligne. Quarantacinque pazienti con ma...
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Scopo di questo lavoro è confrontare le potenzialità della Tomografia Computerizzata (TC) e della Risonanza Magnetica (RM) nella differenziazione delle malattie pleuriche benigne da quelle maligne. Quarantacinque pazienti con malattia pleurica identificata alla TC sono stati consecutivamente sottoposti a esame RM. In 34 di essi è stato possibile raggiungere la diagnosi definitiva di malignità (n = 18) o benignità (n = 16). L'esame RM è stato eseguito a 0,5 T mediante sequenze spin-echo T1, DP/T2 e T1 post-contrastografiche. Gli esami TC e RM sono stati esaminati da 2 diversi lettori in cieco. È stata valutata una serie di caratteri morfologici indicativi per benignità e per malignità. Con la TC è stato espresso il giudizio finale di benignità o di malignità secondo due diversi livelli di confidenza: probabile e definitivo. Alla RM è stato inoltre valutato il segnale della lesione pleurica a confronto con quello delle strutture muscolari contigue (iso-ipointenso o iperintenso). Nella valutazione dei singoli caratteri morfologici della lesione pleurica non si sono evidenziate differenze statisticamente significative fra TC e RM e l'accuratezza diagnostica delle due metodiche è risultata simile. In tutti i 18 casi di malattie pleuriche maligne e in 2 lesioni benigne il segnale RM della lesione pleurica nelle sequenze DP/T2 è risultato iperintenso rispetto a quello dei muscoli intercostali (sensibilità = 100%, specificità = 87% nel riconoscimento di lesioni maligne). Senza questo segno (lesione ipo o isointensa) la malattia pleurica è sempre risultata benigna nella nostra casistica (valore pre-dittivo negativo = 100%). Tutte le diagnosi poste come definitive con la TC sono state confermate, mentre 6 delle 17 diagnosi espresse come probabili sono risultate erronee. Nel sottogruppo delle lesioni erroneamente interpretate alla TC la valutazione dell'intensità del segnale RM ha sempre permesso di differenziare correttamente le condizioni benigne da quelle maligne.
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